Testimonianza di Iyas Juben
Stamattina ero con la mia amica Reem in un piccolo paesino vicino a Ramallah kafr Ni’ma. Siamo in piena Cisgiordania, valli e colline di ulivi, con un ruscello d’acqua stagionale, un paesaggio molto simile alla murgia pugliese, intorno sono tutti palestinesi tranne uno, un colono che si è impadronito della cima di una collina.
Avevamo una missione… gli asparagi, ed era la prima volta per me andare per asparagi in Palestina, solitamente li facevo in Puglia, non ero sicuro di trovarli lì. Invece per Reem era la prima volta in assoluto.
Avevo perso la speranza di trovarli in quella zona, ci sono tante piante e neanche un asparago finché non ne ho trovati due insieme: eccoli, eccoli ho detto a Reem con una voce di un bambino entusiasta che ha trovato il suo giocattolo.
Reem si gira con il volto gioioso e viene verso di me. Li prendiamo e li assaggiamo appena colti, ed è quel sapore indimenticabile che degusto ai primi accenni di primavera nella mia Puglia, quando raccolgo il mio primo asparago dell’annata. E quando accade per me è festa, ma questa volta accade nella mia Palestina, con un’amica che non vedeva l’ora di trovarli selvatici.
Un ricordo. Avevamo appena creato un ricordo felice.
BANG
Il colono in cima alla collina aveva appena sparato, probabilmente in aria.
Reem: è uno stronzo, sicuramente ha un binocolo e ci vede che stiamo raccogliendo piante, non ci vuole nella valle.
Abbiamo deciso di non inoltrarci e di tornare verso la macchina, ma senza panico.
Torniamo indietro, dopo un po’ di passi, eccolo un altro asparago, ci fermiamo un attimo e lo raccogliamo. E continuiamo a tornare sui nostri passi, eravamo più tranquilli perché era anche evidente a lui che ci stavamo allontanando.
Abbiamo in tutto 3 asparagi, non bastano per una frittata, occhi aperti agli asparagi nascosti, e orecchie tese ad eventuali altri spari.
Troviamo un altro punto perfetto per la crescita degli asparagi, un muretto a secco, alberi d’ulivo, un fico d’india ed eccola lì una pianta d’asparagi.
Faccio due passi verso il ficco d’india…
BANG BANG
non è uno sparo in aria, ma una raffica con un fucile diverso ma sempre dalla stessa fonte, e questa volta la raffica era verso di noi.
L’attenzione è al massimo e l’istinto di sopravvivenza era scattato, per fortuna non siamo stati colpiti, andiamo celeri verso la macchina.
Un ricordo, questa volta non l’abbiamo creato noi, l’ha creato il colono, ed è un ricordo di terrore.
L’occupazione non è solo quella della terra, ma è anche quella della memoria.
Continuare a creare ricordi felici nonostante il terrore, è un atto di resistenza.