di Alessandro Ferretti
Nadera Shalhoub Kevorkian è una femminista palestinese molto nota in ambito accademico e non solo. Insegna all’Università Ebraica di Gerusalemme (oltre ad essere Global Chair in Law alla università Queen Mary di Londra) e studia la violenza di stato, l’industria della sicurezza e della sorveglianza, i traumi infantili e adolescenziali, la violenza strutturale di genere e il genocidio.
Il 26 ottobre Nadera fu prima firmataria di una lettera di ricercatori nell’ambito dei traumi infantili che chiedeva la cessazione dell’occupazione della Palestina e lo stop immediato al genocidio. Subito ll’Università Ebraica le inviò una lettera formale di forte condanna, sostenendo che le azioni israeliane a Gaza non andavano “neanche vicino alla definizione di genocidio”, aggiungendo “ci vergogniamo che l’Università Ebraica includa un docente come te” e concludendo con un esplicito invito a dimettersi. Tale lettera venne per di più fatta subito circolare sui social dai mittenti, dando il via a una serie di messaggi d’odio e minacce di violenza nei confronti di Nadera. Nonostante la forte reazione di molti accademici internazionali, l’Università Ebraica si rifiutò di ritirare la lettera lasciando che Nadera venisse bersagliata dagli odiatori.
Il 12 marzo scorso Nadera venne sospesa dall’Università Ebraica dopo un’intervista TV in cui aveva denunciato le bugie sui bambini decapitati e sugli stupri sistematici e organizzati del 7 ottobre (nella lettera di sospensione l’ateneo si autodefinisce come “orgogliosamente sionista”). Fu riammessa solo due settimane più tardi, dopo aver chiarito che non negava affatto che il 7/10 ci fossero stati stupri. Durante la sospensione, Nadera venne fermata per ore e ore all’aeroporto Ben Gurion mentre era di ritorno da una lezione a Londra: la pratica di trattenere per ore i passeggeri palestinesi è ben consolidata, la stessa Nadera nel 2009 aveva dovuto rinunciare a partecipare a una conferenza a Tunisi perchè la polizia di frontiera le aveva impedito di portare a bordo il suo laptop.
Giovedì scorso arriva il salto di qualità: Nadera viene arrestata a casa sua dalla polizia israeliana con l’accusa di “incitamento al terrorismo”. La polizia perquisisce tutta la sua casa e le sequestra il laptop e lo smartphone, oltre alla sua collezione di libri e scritti del poeta Mahmoud Darwish e portata in un centro di detenzione per essere interrogata. Nel centro di detenzione Nadera, che ha 63 anni, viene sottoposta a un trattamento degradante che sostanzialmente ammonta a una tortura. Il suo avvocato ha infatti dichiarato che gli agenti di polizia:
1) l’hanno perquisita in modo umiliante
2) si sono rifiutati di fornire acqua potabile quando lei l’ha richiesta
3) l’hanno tenuta ammanettata mani e piedi per molto tempo con manette molto strette, che hanno bloccato la circolazione sanguigna e lasciato segni su polsi e caviglie.
4) le hanno rifiutato di permesso di assumere i suoi farmaci per l’ipertensione anche se erano nella sua borsa. Ciò ha portato ad un aumento della sua pressione sanguigna, che l’hanno messa a rischio di infarto o ictus. Le è stato permesso di prendere le medicine solo poco tempo prima di essere rilasciata.
5) si sono rivolti a lei in modo molto umiliante e le hanno lanciato insulti a sfondo sessuale.
Dopo un’interrogatorio di oltre cinque ore e mezza (dalle 18 alle 23:30) è stata tenuta in una cella molto fredda e infestata da insetti, dove l’unica cosa che aveva d disposizione per proteggersi dal freddo era una coperta imbevuta di urina. Inoltre, per rendere difficile il sonno, la polizia ha tenuto accesa una luce molto forte per tutta la notte.
Nadera viene liberata il giorno dopo (il giudice ha ritenuto che non costituisca un “pericolo”: la polizia ha fatto appello contro la decisione, perdendolo), ma ovviamente non è finita qui: l’altro ieri il canale televisivo israeliano 12 le dedica un servizio che è un tipico esempio di killeraggio, affermando che Nadera è accademicamente una truffatrice e sostenendo che i bambini palestinesi da lei intervistati per i suoi articoli di ricerca erano dei terroristi. L’Università Ebraica, invece di difenderla, sale sul carro screditandola ulteriormente e aggiungendo che rigetta il suo lavoro di ricerca.
E’ notizia di ieri che la polizia israeliana, non paga, l’ha convocata per un altro interrogatorio. La tortura continua.